La moda, per Enrica Scielzo, non è solo forma ma anche azione. Per lei ogni scelta racconta chi siamo e può diventare un atto di potere. Il suo percorso personale e professionale intreccia passione, studio e un messaggio sociale potente. «Il mio sogno? Essere la prima madrina trans di Sanremo», ci racconta in questa intervista.
Consulente d’immagine, blogger, docente, autrice, ma soprattutto donna che ha saputo trasformare la propria esperienza in uno strumento di empowerment e posizionamento personale. La salernitana Enrica Scielzo crede nella bellezza su misura, nell’identità visiva come leva di cambiamento, e sogna un’Italia in cui anche l’immagine diventi terreno di battaglia culturale, civile e di personal branding consapevole.
Comunica un’immagine molto patinata di sé che è un po’ il fil rouge delle tante attività che svolge. Come ha iniziato a crearla?
Quello che sono riflette l’eclettismo dei tempi che viviamo. Un’epoca in cui il lavoro non è più uno solo per tutta la vita e dove, spesso, anche chi ha una professione ben definita la contamina con altre attività. Venendo a me, sin da bambina sono sempre stata attirata dal bello, dall’arte, dai colori. Pensa che nella mia cameretta avevo una mensola con sopra tutti i miei peluche ordinati per colore! E poi mi piace ricordare quando, con mia nonna, facevo dei collage con le immagini delle modelle ritagliate dalle riviste di moda, a cui poi coloravo i capelli o cambiavo l’abito. Giocavo con Barbie e “Gira la moda”, ma se nell’adolescenza non hai accanto qualcuno che ti sappia guidare, non capisci subito quello che vorresti fare da grande. Io forse l’ho capito tardi ma poi ho recuperato.
Per quale delle sue attività e prerogative vorrebbe essere ricordata?
Sono una consulente d’immagine, insegno alla REA Academy di Napoli dove sono coordinatrice della triennale in Beauty Design. Il titolo di Beauty Designer mi definisce perché si riferisce alla bellezza nella sua totalità, che non è solo make up. Io la definisco l’architettura della bellezza.
La considero una professione maieutica: trovarsi di fronte ad uno specchio, alle proprie fragilità ed insicurezze genera cambiamento. Molti, non solo donne, vengono da me in un periodo di loro crisi personale e attraverso la consulenza riescono a dare una svolta positiva alla loro vita. Per tutto questo vorrei essere ricordata.
È molto attiva sui social, ha anche un blog. La aiuta qualcuno a gestirli?
Faccio tutto da sola ma è davvero difficile. So che avrei potuto e potrei fare di più se avessi qualcuno che curasse almeno le pagine social per mio conto. Lo consiglio, perché i social richiederebbero un’attività a sé stante. Ho anche un blog dove recensisco prodotti di bellezza, e fare tutto da sola è davvero impegnativo. Tant’è che, dopo essermi un po’ allontanata dai social lo scorso anno perché sentivo la pressione di dover postare tutto i giorni, oggi mi approccio a questo media in maniera diversa. Ho voglia di condividere i miei viaggi e la mia vita ma solo per il piacere di farlo, senza pensare ai like.
Cosa la caratterizza maggiormente?
Io sono il mio brand. Il minimo comune denominatore è quello. Ho una fanbase di migliaia di persone che sono davvero interessate a quello che faccio. Questo è ciò che voglio. In fondo, anche io da follower di alcuni personaggi, mi sento un po’ loro amica e mi auguro che per i miei follower sia lo stesso. Ho tante sfaccettature e non bisogna mai fermarsi all’aspetto esterno: sono stata testimonial di Sorgenia per la campagna contro la violenza di genere, ho scritto un libro “Diario di una trans” per raccontare di me e dare coraggio ad altre come me, di vivere in pieno il proprio essere. “Autentica” è la parola che mi caratterizza, perché la società ci impone di apparire in un certo modo e sembra paradossale che sia proprio io a dirlo, ma proprio perché sono una consulente d’immagine, credo che sia importante evitare di uniformarsi ai beauty standard imposti dagli altri.
In cosa consiste la sua consulenza?
È sempre fatta su misura, per trovare uno stile personale, perché ognuno di noi è unico. Anche la scelta di un abito racconta qualcosa di noi, di chi siamo ed ha il potere di trasformarci. Dico sempre che gli abiti sono come costumi teatrali e noi siamo gli attori, soprattutto nel contesto lavorativo. L’esempio è quello di Elodie, Annalisa o Mahmood, che da cantanti, attraverso la loro immagine e i loro outfit, sono diventate delle fashion icon.
A proposito di abiti, qual è il suo tratto distintivo, l’elemento a cui non rinuncia?
Sono gli orecchini. Ne ho di tutti i tipi, soprattutto grandi, vintage e particolari e per me sono quasi un feticcio. Anche con un semplice abito nero, un bel paio di orecchini può diventare il conversation piece, cioè l’argomento di cui parlare. Poi ci sono le giacche, che mi danno un’aria autorevole, anche se mi piace indossarle in stile easy, su un jeans o su un abito lungo, per avere uno stile business casual che si adatta proprio ai contesti lavorativi un po’ più istituzionali, come l’Accademia. Infine gli stivali alti. Ho le gambe lunghe e mi piace indossarli con le minigonne.
C’è qualcosa che vorrebbe fare, e non ha ancora fatto, per accrescere il suo brand personale?
Di recente ho partecipato all’ultima serie della fiction “Mare Fuori” come comparsa e devo dire che è stata un’esperienza che mi è piaciuta, così come mi è piaciuta quella fatta per il canale tv QVC come presentatrice, che non escludo possa essere il mio futuro. Mi piacerebbe sicuramente accrescere la mia immagine come simbolo del mondo trans e rappresentare tutte le persone che, come me, ancora si vedono negati molti diritti. Per questo, il mio sogno sarebbe di essere la prima madrina trans di Sanremo. Quel palcoscenico potrebbe dare una eco potentissima a questo messaggio. Nel frattempo non mi dispiacerebbe partecipare a Pechino Express, perché ho scoperto, nei miei ultimi viaggi, che mi piace fare questo tipo di reportage ed è un programma che amo. Chissà…