In questa intervista, il fondatore di Especially Coffee Roaster, Luca Paolucci, racconta il suo percorso nel mondo del caffè, dalla gavetta nell’hospitality alla creazione del brand. La sua visione del caffè unisce qualità, autenticità e sperimentazione, riflettendo una passione profonda per il prodotto e il suo significato culturale.
Il caffè è da sempre un elemento centrale nella cultura quotidiana italiana, ma raramente ne esploriamo tutte le sue sfumature, dalla semina del chicco alla preparazione finale. Il percorso di Especially Coffee Roaster, il marchio che comprende la torrefazione di specialty coffee in Alta Langa (Piemonte) e la caffetteria ad Alba, nasce dalla curiosità, dalla passione, dalla voglia di capire davvero cosa si cela dietro una tazzina di caffè; ma anche dalla consapevolezza che qualità e conoscenza possono trasformare un prodotto pop in un’esperienza unica. In questa intervista, il fondatore Luca Paolucci ci racconta come ha iniziato il suo viaggio nel mondo del caffè, quali ispirazioni lo hanno guidato nella creazione di Especially Coffee Roaster e come la sua visione imprenditoriale si intreccia con la filosofia del brand. Un viaggio che parte da Londra e passa attraverso l’Italia, e che continua oggi con l’obiettivo di innovare, educare e raccontare storie attraverso ogni chicco di caffè.
Especially Coffee Roaster è il nome del suo brand. Come è iniziato il suo percorso nel mondo del caffè e quale ispirazione l’ha guidata nella creazione del marchio?
Ho iniziato il mio percorso nell’hospitality circa 15 anni fa, dopo un cambio di direzione nella mia vita. Cercavo un lavoro che mi desse soddisfazione e concretezza e l’hospitality offriva tutto questo, insieme alla possibilità di imparare. Ho fatto molta gavetta nei ristoranti, nelle pizzerie e nei locali di chef stellati, fino ad arrivare dietro al bancone di un bar. La mia curiosità mi ha spinto a voler capire cosa ci fosse dietro un chicco di caffè.
In Italia consumiamo molto caffè, ma lo conosciamo poco. Nonostante le mie domande ai torrefattori, le risposte erano spesso incomplete, ma ho comunque acquisito competenze di base, osservando e studiando. Mi sono reso conto che in Italia non mi bastava più quello che c’era, così ho deciso di trasferirmi a Londra per imparare il mercato dall’esterno, eliminando il vizio dell’abitudine in cui ero immerso. Londra era significativa perché è stata ed è tuttora il principale “porto commerciale” europeo, insieme a Trieste, dove viene smerciato, venduto e spedito il caffè. Ho iniziato a lavorare alla catena “Department of Coffee” come semplice barista, e lì ho scoperto un approccio diverso alla qualità del caffè, alle tecniche di estrazione e al contatto con i clienti. Ho imparato a gestire la macinatura in base al meteo, all’umidità e alla qualità del caffè del giorno, passando nel tempo a ruoli di maggiore responsabilità fino a diventare head barista e team leader. Dopo qualche mese ho affiancato un tostatore anziano, imparando da lui. Il mio mentore è stato Dumo Mathema, campione del mondo di tostatura nel 2018, da cui ho potuto osservare e imparare ogni dettaglio del mestiere. Ho passato notti sui gradini o alle fermate dei bus pur di non perdere nemmeno un minuto in laboratorio. Oggi porto con orgoglio questa esperienza in Italia, e la mia produzione continua è dedicata proprio a lui, con una selezione di chicchi provenienti dal suo Paese.
Che cosa rappresenta il caffè per lei?
Especially Roaster Coffee riflette la mia visione del mondo, non solo del caffè, ma anche di come dovrebbe essere vissuto: fresco, dinamico, frizzante. A volte scanzonato e guascone, ma sempre con un fondo di disciplina. La precisione e la cura sono essenziali. Tutti ricordano un caffè pessimo, ma in pochi riescono a ricordare un caffè perfetto. Ogni chicco è un tuffo di esperienza, un’avventura come viaggio. Per questo, l’ho usato anche come visual nella grafica della mia torrefazione: un tuffo in un mondo di esperienze e gusti.
Per me, il caffè è un momento di espansione creativa, un rituale spirituale che vivo profondamente. È un attimo di raccoglimento, che si tratti del primo sorso al mattino appena svegli, di una pausa dopo un pasto semplice da soli o di un brindisi festoso in compagnia. Il caffè non è solo qualcosa che consumiamo, ma è un’esperienza attesa, quasi unica. È un elemento culturale che va oltre il semplice prodotto. In tutto il mondo, rappresenta qualcosa di speciale; in Italia, la sosta caffè durante un viaggio è un momento di impaziente attesa. Ci fermiamo per un caffè anche quando non è necessario, ed è un rituale che si ripete ovunque.
Quanto conta la sua figura di imprenditore nella narrazione del brand? In che modo il marchio Especially Coffee Roaster si lega al suo personal branding?
Oggi la figura dell’imprenditore è strettamente legata a quella del barista, del tostatore e del professionista del caffè. Tutti questi ruoli sono interconnessi: è fondamentale saper gestire le entrate in modo mirato, sapendo dove indirizzarle e investire nella comunicazione dei valori del prodotto, che rispecchiano la mia filosofia e il mio percorso imprenditoriale. La caffetteria nasce per offrire quella visione del rituale che ho in mente, un’esperienza unica e straordinaria. Tuttavia, tutto deve essere in equilibrio. Un imprenditore, per me, deve avere visione e lungimiranza, non deve essere avido di successo o di denaro. Io sono partito autofinanziandomi, tramite l’investimento più grande: la tostatrice, poi il magazzino e il laboratorio in Alta Langa, e infine la caffetteria ad Alba. Come imprenditore, cerco di trasmettere ciò che so con ciò che ho. Sono nipote di un partigiano che ha lottato per la liberazione su queste colline, e di un altro nonno che, come postino, portava dispacci segreti rischiando la vita. Quello che si ha è sempre abbastanza per cominciare.
Ha scelto di integrare elementi della sua storia personale nell’identità del brand? Se sì, quali e perché?
Viaggio molto per selezionare personalmente la materia prima, per stringere rapporti con i produttori locali e per valorizzare i loro prodotti. Il marchio che ho creato è il riflesso del mio viaggio, dei miei incontri e dei miei Maestri. I brand nascono per il pubblico, per condividere valori e visioni, ma portano sempre con sé l’impronta di chi li crea, che nella maggior parte dei casi sono persone visionarie. Il caffè per me è un manifesto, un modo di fare business che lascia un’impronta nel mondo. Ci sono valori che per me sono immutabili e non negoziabili. Il mio non è un brand costruito a tavolino, tutt’altro. Eppure, ho visto come Especially Coffee Roaster, soprattutto all’estero, sia riuscito a entrare nel cuore della gente e nella loro quotidianità, sorprendendomi. Il mio approccio al caffè è decisamente italiano, ma con una visione e una produzione che guardano al mondo. Oggi si parla tanto di caffè, ma molti non conoscono la differenza tra un blend e un 100% arabica. C’è ancora molto lavoro da fare, anche se il mercato è ormai riconosciuto come categoria grazie ai grandi brand. Tuttavia, si tratta di prodotti differenti che condividono solo il nome.
La sete di sapere e la sperimentazione hanno guidato il suo percorso. Quanto è centrale la conoscenza per il successo della sua attività?
Sono nato curioso, e l’ho sempre detto: ho una sete di sapere e di scoprire che non si è mai placata. Spesso sperimento, talvolta sbagliando volutamente, per vedere cosa succede e se quell’errore possa generare qualcosa di nuovo. Bisogna conoscere il chicco, comprendere come è stato coltivato, quale è stato il clima in quella particolare annata e quali sfide ha affrontato la pianta. Per questo è fondamentale conoscere il produttore, sedermi con lui, bere il suo caffè e ascoltare i suoi racconti. Voglio assaporare anche il suo riso, la sua cioccolata, e permettergli di mostrarmi, con orgoglio, il suo lavoro. Per essere davvero preparati, bisogna conoscere le specie botaniche e, ancora prima della tostatura, capire cosa può dare vita a un blend. È necessario anche saper leggere la borsa e le sue quotazioni, per monitorare l’andamento della commodity del caffè. Insomma, il caffè richiede presenza in ogni suo passaggio, dal chicco alla tazzina.
I social media fanno parte della sua strategia di comunicazione? In che modo li utilizza per raccontare la sua esperienza e far crescere il brand?
Ho in mente di aumentare gli investimenti per espandere la mia presenza sui social media, una risorsa fondamentale oggi più che mai. Viviamo in un’epoca dove tutto è facilmente accessibile e si muove a una velocità incredibile. Consumiamo contenuti a una velocità impressionante e, altrettanto velocemente, dimentichiamo ciò che vediamo. Tuttavia, ciò che resta impresso sono le storie, ovvero ciò che viene raccontato. Prendiamo ad esempio i podcast: attraverso interviste, si raccontano storie di persone e brand che rimangono nel cuore delle persone, perché sono coinvolgenti dal punto di vista emotivo.
Ecco perché voglio affidarmi a uno storytelling autentico. Sono rimasto molto colpito dal cortometraggio che è nato dal mio brand, dove io non ho avuto voce in capitolo se non nel raccontare la mia storia e nel scegliere il narratore (un caro amico che mi conosce da tempi lontani, quando parlavo del mio sogno). Chi meglio di lui? Il marketing deve puntare sulla verità, mettendo in luce i punti di forza, valorizzando i punti critici e proteggendo le debolezze. Non esiste nulla di perfetto, se non l’imperfezione stessa. Anche le storie, infatti, sono imperfette. Il caffè appartiene alla cultura pop, proprio come è accaduto con la birra, che è diventata un elemento da raccontare, una parte integrante della quotidianità.
Se dovesse racchiudere in un unico concetto l’essenza di Especially Coffee Roaster, quale sarebbe il messaggio principale che vuole trasmettere?
Un prodotto pop viene spesso visto come poco valido, ma in realtà il concetto di “pop” è qualcosa di bello. La qualità, se accompagnata da una corretta educazione del cliente finale, può diventare qualcosa di straordinario. Ed è proprio questo che il mio brand vuole comunicare: Especially nasce pensando alle altre persone. “Especially” significa “specialmente”, come a dire: «Ci va un caffè specialmente ora, adesso!». Ecco perché #weareespecially. Se dovessi racchiudere tutto in un unico concetto, direi… “Especially” è adesso.