Home » Marco Spini: ≪Come gli attori recitano sul palcoscenico, noi sommelier ci muoviamo in sala≫

Marco Spini: ≪Come gli attori recitano sul palcoscenico, noi sommelier ci muoviamo in sala≫

di Paolo Robaudi
COVER-Marco-Spini (1)
Un famoso sommelier condivide la sua storia: dai primi passi nell’arte culinaria fino all’enologia, sottolineando l’importanza delle relazioni umane come valore dell’intero percorso.

 

Nel cuore di Milano, tra i vicoli e le piazze affollate, si cela la storia di Marco Spini, un maestro dell’enologia che ha trasformato il suo amore per il cibo e il vino in un racconto emozionante.

Quando hai cominciato e perché?

Per passione! La passione per la buona tavola mi è stata trasmessa dalla famiglia, con mamma provetta cuoca, tanto che da piccolo mi divertivo provando le ricette della rivista La Cucina Italiana: stiamo parlando di fine anni ’70. Negli anni a seguire mi sono avvicinato gradualmente anche alle bevande, in particolare al vino e alla birra; insomma c’è sempre stata curiosità e attenzione verso il buon mangiare e il ben bere. Dopo una formazione tecnica, inizio a lavorare come impiegato in una grande azienda di telecomunicazioni, ma scopro ben presto di non esservi tagliato, e così cerco altri spunti seguendo un’altra mia predilezione, il disegno, diplomandomi come illustratore alla Scuola Superiore d’Arte Applicata del Castello Sforzesco.

Contemporaneamente, nel 1994, frequento il Primo Livello del Corso per Sommelier, dove conosco Giuseppe Vaccarini (Campione del Mondo ASI – Association de la Sommellerie Internationale 1978, presidente di ASI per due mandati, fondatore nel 2007 di ASPI – Associazione della Sommellerie Professionale Italiana) e rimango sin da subito colpito dalla sua autorevolezza, infinita competenza, un sentimento di ammirazione, che ancor oggi, nutro nei suoi confronti. La curiosità per il cibo e il vino si trasforma in una passione sempre più forte, che pochi mesi dopo diventa lavoro: inizio come commis-sommelier a L’Osteria, locale storico di Milano sul Naviglio Grande, al fianco del compianto Franco Bisignani, del quale divento, in breve tempo, il braccio destro. L’Osteria è un luogo iconico, anticipatore di ciò che verrà molto tempo dopo, come l’esperienza fatta con Eataly da Oscar Farinetti: aperto nel 1977 dal visionario Bisignani, è una mescita di vino con salumi e formaggi, il tutto sapientemente selezionato e raccontato. Il luogo è informale, con legno, scaffali con bottiglie in ogni dove, tavoloni e panche, ha un team giovane, diverso (molti sono studenti, con i quali ancora oggi ho un vivo sentimento di amicizia) e appassionato, ha un management illuminato. Nel 1993 subentra nella società Giulio Consonno, colui che inventò il franchising in Italia e storico amico del poeta e gastronomo Luigi Veronelli. Consonno era il proprietario della tenuta Altesino a Montalcino, e con spirito manageriale, quello vero, inventò assieme a un amico montalcinese la linea di prodotti Colline d’Italia. L’idea era quella di commercializzare e vendere prodotti enogastronomici italiani, avendo dei locali vetrina e dei punti vendita. Allora il mercato non era pronto e forse Consonno non aveva le spalle sufficientemente larghe. Il progetto durò qualche anno, comunque questa è un’altra storia.

E poi?

All’Osteria abbiamo 350 vini in carta con una trentina di vini al bicchiere, e facciamo costruire un prototipo di azotatrice da un artigiano, che ci consente di servire 8 grandi rossi al calice preservandoli dall’ossidazione. Aperto 7 giorni su 7, ogni sera stappiamo una cinquantina di bottiglie, facendo le decantazioni al tavolo, con un grande seguito da parte della clientela, che è molto diversificata: dallo studente al professionista, dall’americano al giapponese. Negli anni successivi il Naviglio esplode e si riempie di locali, sono anni formidabili e irripetibili. Contemporaneamente diamo vita anche a un gruppo di degustazione: il primo lunedì di ogni mese ci incontriamo tra colleghi e degustiamo i campioni inviati dalle aziende, confrontandoci. Ci chiamano “Il Gruppo dei Navigli”, e così ci muoviamo per le fiere e le manifestazioni di settore (Vinitaly e Merano in primis), degustiamo e visitiamo aziende, negoziando condizioni commerciali vantaggiose. Nel 1996 arriva l’agognato diploma di sommelier professionista. All’esame ho davanti proprio Giuseppe Vaccarini! Nel 2000 con Bisignani prendo in gestione il locale, dove rimango fino al 2005. Poi per un lustro dirigo il Piquenique, un bistrot wine-bar in Zona Tortona, a Milano, oggi una delle zone più calde del localismo meneghino. Segue l’esperienza di un anno presso La Cantina di Franco, in via Sanzio, per arrivare poi a La Dogana del Buongusto nel 2013, dove a fianco di Nino Pappalettera, tutt’ora mio maestro di Sommellerie e mentore, entro nel team come chef de rang e sommelier. Nel 2016 approdo al Ba Restaurant come Head Sommelier, dove Marco Liu mi affida la responsabilità del beverage, lasciandomi la massima libertà nella composizione della nuova carta, e si instaura da subito un forte rapporto di fiducia.

Di cosa ti occupi?

Qui mi occupo in primis del rinnovamento della cantina, che ristrutturo, riorganizzo e faccio climatizzare, componendo una carta vini plasmata sul menù e sulle mie suggestioni, tenendo conto delle preferenze del cliente e delle tendenze del mercato. In quasi sette anni di lavoro ho sestuplicato la carta, un lavoro in continuo divenire, che attualmente sfiora le 650 referenze, spaziando tra Italia, Francia (Champagne, Borgogna, Bordeaux, Cote du Rhone, Alsazia, Loira, Jura), Germania (Reno, Mosella, Pfalz), ai quali affianco anche delle birre artigianali, distillati e liquori, oltre a qualche cocktail. Punto molto sulla proposta del vino al bicchiere, in totale una quarantina, con rotazione mensile tra mossi, bianchi e rossi, vini da dessert ed una selezione di bianchi e rossi importanti serviti con Coravin. Tutti i nostri vini sono serviti alla temperatura corretta, utilizzando tecniche mirate: per me è fondamentale, non solo per gli spumanti e i bianchi, ma anche e soprattutto per i vini rossi, che diventano molto più serbevoli e versatili negli abbinamenti. Infatti disponiamo di una cantina climatizzata con due zone diverse a 15° e 16°, di una grande doppia teca a vista per bianchi e bollicine per una capienza totale di 850 bottiglie, e altri due armadi a vino in cantina. Senza dimenticare l’abbinamento tradizionale alla cucina cinese: il tè, dove gioco su una piccola carta dei tè, con dieci proposte da me selezionate, in base alle caratteristiche di pairing sulle quali mi diverto molto tra verde, bianco, wulong, nero, rosso, herbal. Ovviamente il servizio del tè avviene secondo le tecniche adeguate, con le giuste temperature, i giusti tempi di infusione e quantità di foglie. Viene eseguito da noi al tavolo, presentando la foglia, l’infuso (le foglie bagnate, dopo infusione) e il liquore (la bevanda). Tutto questo sempre in divenire.

marco-spini-Ba-Restaurant-ok

Cosa consiglieresti a un giovane sommelier oggi?

Innanzitutto benvenuto a chi vuole intraprendere questa bellissima professione. Il mercato ha una richiesta molto alta, che viene soddisfatta solo in minima parte, quindi largo ai giovani, come dico ai ragazzi della scuola alberghiera durante i corsi di Sommelier Junior, tenuti da noi di ASPI. È un momento storico nel quale, al netto dello standby dettato dal Covid, la figura del sommelier sta avendo la giusta collocazione anche in Italia. Quindi formarsi presso una associazione qualificata è il primo passo da compiere, per poi iniziare a lavorare con passione e dedizione. I risultati e le soddisfazioni non tarderanno ad arrivare. Ho coniato la regola delle 3 P: un buon sommelier deve avere passione, preparazione, professionalità.

Ci spieghi meglio le 3 P?

La passione deve trasparire dal nostro lavoro in sala, perché sostiene e alimenta il nostro percorso di crescita continua. E poi, senza la passione, il fuoco sacro, non si può affrontare un mestiere come il nostro che comporta molti sacrifici, ma che dà anche tantissime soddisfazioni. Per quanto riguarda la preparazione, bisogna aggiornarsi in continuazione, studiare e continuare a formarsi aumentando le competenze. La ricerca è continua: degustando e assaggiando nuovi prodotti, andando per manifestazioni, fiere di settore, banchi d’assaggio, masterclass dedicate, pranzi e cene di presentazione, le occasioni veramente non mancano e devono essere il nostro mantra, anzi spesso bisogna dovere e sapere scegliere. È fondamentale anche confrontarsi con i colleghi e con i produttori. Questo vale non solo per i neofiti, ma anche per i professionisti, perché nel nostro lavoro non si finisce mai di imparare. Senza mai tralasciare di viaggiare per i territori del vino. ≪Camminare le vigne≫, diceva il poeta, cantore del vino e grande gastronomo Veronelli. La visita nelle aziende rimane il miglior modo per comprendere il territorio di quel vino: conoscere il produttore ci permette di capire anche la filosofia che poi si racconta al nostro ospite. È solo così che possiamo dare alla bottiglia proposta o richiesta dal cliente un valore aggiunto, molto importante. Un bravo sommelier questo deve sapere fare. Il vino non è solo gusto, ma anche: storia, tradizione, cultura, emozione, sensazione. Sapere raccontare e trasferire tutte queste sfumature fa la grande differenza, anche per riempire un bicchiere, quindi è fondamentale lavorare anche sulla tecnica di comunicazione, che deve essere semplice, ma al contempo efficace e precisa. Altra importante opportunità di crescita è la partecipazione ai concorsi, per i quali bisogna studiare molto e lavorare sodo. Un altro importante aspetto possono essere le esperienze di lavoro all’estero, che sono molto proficue perché danno modo di vedere altri scenari, aprono la mente permettendo di crescere e molto, senza dimenticare di imparare anche una lingua. Inoltre la figura del sommelier italiano all’estero è molto ben vista e considerata, e così molti colleghi, visto anche il trattamento economico è ben più remunerativo che da noi in Italia, si trasferiscono: abbiamo anche nel nostro settore una “fuga di bicchieri” verso l’estero! Infine, la professionalità. Saper leggere il cliente è fondamentale, visto che lavoriamo con l’accoglienza. Tenendo ben conto della tecnica dell’abbinamento, cerco di partire sempre dal mio ospite. L’approccio è essenziale, perché nei primi minuti dobbiamo cercare di mettere a suo agio il nostro interlocutore, entrare in empatia e cercare di fornire la miglior esperienza possibile. In questo modo, provo a fare un abbinamento ad hoc tenendo conto delle aspettative e delle preferenze del cliente, cercando di trovare la migliore strada percorribile. Potrebbe infatti non volere vino o bevande alcoliche, oppure uscire dagli schemi. Quando posso, con il cliente abituale uso anche la “memoria storica”: ricordando i precedenti vini serviti, ho la possibilità di offrire sempre nuovi stimoli, alzando il livello dell’esperienza, che risulta molto gratificante. Come gli attori recitano sul palcoscenico, noi sommelier ci muoviamo in sala. Quindi oltre allo standing è molto importante dedicare la massima attenzione alle tecniche di servizio, affinandole il più possibile per cercare di raggiungere il gesto perfetto.

Investire nel vino: cosa, come e quali annate?

Ci sono fondi specifici che ormai lo fanno. Chiaramente parliamo del settore Fine Wine, quindi per l’Italia Barolo e Barbaresco in Piemonte, Bolgheri e Brunello di Montalcino in Toscana, Amarone della Valpolicella in Veneto, ma non solo, ormai in ogni regione d’Italia troviamo eccellenze. Poi, per la Francia il Borgogna, che è il mercato in maggior crescita negli ultimi anni, date le basse produzioni e le frequenti riduzioni di resa, a volte molto incisive, date da eventi climatici avversi (gelate e grandinate); ma anche Champagne, Bordeaux, Côtes du Rhône, Loira, aree molto ricca di denominazioni. E poi altre realtà come Germania con Reno e Mosella, Austria, ma anche Spagna, Portogallo e Grecia. E pure nel continente americano Nord e Sud, Australia, Nuova Zelanda. Ormai in tutti i territori in cui si produce vino si trovano delle eccellenze sulle quali poter investire.

Quale vino comprare con un buon rapporto qualità-prezzo?

La ricerca è proprio quella: degustando, viaggiando e assaggiando, si riescono a trovare produttori e prodotti eccellenti. Magari vini di cantine meno conosciute, ma validi e a un prezzo vantaggioso. In Italia, per esempio, si trovano vini interessanti nell’Alto Piemonte, ma anche nel Centro (Marche e Abruzzo) e nel Sud (Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia, Sardegna). In Francia, nel Mâconnais e in Côte Chalonnaise, la parte Sud della Borgogna, si trovano prodotti di altissimo livello a prezzi decisamente abbordabili.

sommellier-Marco-Spini

Come è evoluta la clientela in questi ultimi 20 anni?

Tantissimo, almeno tanto quanto è evoluto il mondo del vino: la clientela oggi è molto più attenta alla qualità. Si beve sempre meno ma sempre meglio. Quindi enormi miglioramenti dal punto di vista qualitativo da parte del produttore. Una sempre maggiore attenzione da parte del pubblico, via via più attento e curioso; è cresciuta notevolmente la cultura del vino e dell’enogastronomia. Il vino da alimento che era per i nostri genitori, a partire da fine anni ’80, è diventato un elemento edonistico, iconico addirittura per certi Fine Wine. Ho avuto la fortuna di averlo vissuto in sala questo periodo: oggi tutti abbiamo accesso ad una tale mole di informazioni, che trent’anni fa, quando ho iniziato a formarmi, era assolutamente impensabile! Al corso avevamo un solo libro di testo, l’unico esistente, e pure parecchio incompleto. Per approfondire ricordo che dovevo andare alla Biblioteca Sormani, (all’epoca la più importante biblioteca pubblica di Milano) a consultare i pochi testi disponibili sul vino. Eravamo solo all’inizio di questo movimento di crescita. Attualmente anche l’offerta formativa è molto stratificata, quindi un consumatore appassionato può scegliere il livello di profondità che più gli interessa, senza contare che esistono ormai tantissime occasioni di degustazione, masterclass, banchi d’assaggio, riviste specializzate, guide e recensioni di vini e ristoranti, programmi televisivi, addirittura canali tematici, siti web e chi più ne ha più ne metta! Anche io quotidianamente al tavolo cerco di raccontare, a chi ha voglia di ascoltarmi, la storia del vino!

Com’è il lavoro per l’ASPI, la gente è interessata?

L’ASPI, fondata da Giuseppe Vaccarini nel 2007, è l’unica Associazione di Sommelier riconosciuta dal MISE, ai sensi della legge n°4 del 14/01/2013, che regola le prestazioni professionali per le figure prive di albo. La nostra mission è quella di essere in Italia il punto di riferimento della più alta espressione della sommellerie contemporanea, e cerchiamo di farlo al meglio, tenendo molto alto e sempre aggiornato il livello dei nostri corsi e dei nostri formatori. Questo è uno dei motivi per cui siamo gli unici referenti in Italia di ASI, l’Association de la Sommellerie Internationale, fondata a Reims nel 1969, che ad oggi riunisce le associazioni nazionali di ben 63 Paesi, e della quale Vaccarini è stato Presidente dal 1996 al 2004 ed è tutt’ora nel Direttivo, oltre a essere il responsabile della commissione d’esame internazionale ASI. La nostra associazione è composta in maggior parte da professionisti che già lavorano nel settore dell’Ho.re.ca, che vogliono crescere. Da noi il titolo di sommelier viene riconosciuto alla fine del percorso formativo solo a coloro che svolgono la professione nell’Ho.re.ca. Gli eventuali amatori/appassionati, che sono sempre benvenuti, debbono affrontare anche uno stage certificato in sala ristorante. Ci occupiamo anche di formazione dedicata agli istituti alberghieri, un progetto molto importante. Sono orgoglioso di essere parte attiva di Aspi come formatore, tutor e commissario d’esame per i corsi dedicati ai professionisti e agli studenti degli istituti alberghieri. Questo senza dimenticare la gratificante esperienza di coordinatore per Milano e provincia, che ho avuto l’onore di svolgere per tre anni. Abbiamo un buon numero di studenti che poi rimangono come soci, partecipando alla vita sociale che propone degustazioni, approfondimenti e continuo aggiornamento.

I tuoi cinque vini preferiti?

È una domanda che mi hanno posto tante volte anche i miei clienti. Non ho un vino o una zona che prediligo, ma cerco di continuo vini che abbiano caratteristiche di finezza, eleganza, pulizia e con una personalità, che sappiano rappresentare al meglio il territorio di appartenenza. Ovunque si senta la mano dell’uomo, questa è la storia che mi piace poi raccontare. Detto questo rispondo a zone: Langhe (Barolo e Barbaresco ma non solo), Alto Adige, Trentino e Friuli, Oltrepò Pavese, Toscana (con Bolgheri, Chianti Classico e Montalcino), la Francia (con Borgogna, Champagne, Bordeaux, Alsace, Côtes du Rhône), la Germania (Reno e Mosella), Stati Uniti, Sud America, Australia, Nuova Zelanda…e via discorrendo.

Come si fa a fare una carta vini vincente?

Deve essere, in primo luogo, mirata sul locale, quindi in base alla proposta gastronomica, al target del ristorante e al budget assegnato. Deve essere personale, cioè rappresentare lo studio di chi la compone e in egual misura, ma forse anche di più, essere attenta al mercato, alla domanda e alle esigenze degli ospiti, alle nuove tendenze. Deve annoverare varie tipologie di vino, su varie fasce di spesa. Nel mio caso, facendo fede alla mia ricerca, presento sia vini di grandi produttori blasonati che piccoli produttori di nicchia, vini convenzionali, biologici e biodinamici. Tutti accomunati da finezza, eleganza, pulizia, cercando sempre la storia da raccontare, che è il sale del mio lavoro. A livello grafico, deve essere il più possibile chiara e leggibile, organizzata per tipologia di vino, per regione o per macro zona, deve recare colore, tipologia, composizione, i vitigni, l’annata, volendo anche il titolo alcolometrico. È importantissimo che sia sempre aggiornata e che i vini siano tutti disponibili. Anche qui la tecnologia ci viene incontro dato che ormai, dal periodo pandemico, in ogni locale vi sono menu e carte vini virtuali che si appoggiano ad app a cui si accede con QR code. Con queste carte vini è possibile aggiornare in tempo reale, anche durante il servizio, se un vino termina o cambia annata.

Ba-Restaurant-Location-ok

I tuoi obiettivi?

Le mie 3P vi sembrano poche? Se se si lavora sodo e bene, con passione, i risultati arrivano, spesso anche quando meno te lo aspetti, sono molto fiducioso e ottimista. Quindi oltre all’attività di formazione, anche consulenze e collaborazioni esterne.

I clienti si affidano a te per la scelta, o già sanno quello che vogliono?

Dipende dal cliente, dalla sua curiosità o meno, dai suoi gusti e dalle sue aspettative, e in ultimo anche dalla capacità di spesa. Quando si parla poi di abbinamento cerco di dare il meglio, facendo un lavoro sartoriale, prendendo bene le misure al mio cliente. Il corretto accostamento è singolo cibo con singolo vino. Un esempio è quello che propongo con il menù degustazione, dove abbino 8 assaggi di vino sulle 8 portate, ma si possono fare variazioni sul tema. Più spesso capita la richiesta di trovare un vino che accompagni tutta la cena, e qui tocca a me divertirmi e trovare la via ideale. Anche perché la cucina cinese è dinamica: è fatta anche di cambi repentini di cibi, sapori, texture e percezioni molto intense tra una portata e l’altra. E così, come si deve raccontare il vino, bisogna saper raccontare il piatto e soprattutto l’abbinamento.

Qual è la percezione della tua immagine professionale?

Com’è cresciuta negli ultimi trent’anni la cultura del vino, essendo noi sommelier divulgatori di questa cultura, va da sé che la nostra figura professionale riceve sempre maggiore attenzione e assume sempre più importanza. Durante l’ultima Milano Wine Week, per esempio, sono stato selezionato per l’evento Milano Wine List, cioè ho collaborato a una carta vini composta da 100 referenze, redatta da 21 sommelier della ristorazione stellata e del Fine Dining milanese. Una fantastica occasione per raccontarci, parlare del nostro mestiere, ma anche delle nostre scelte e delle nostre idee. Abbiamo fatto degustare i nostri vini, raccontandoli, a una platea di appassionati, giornalisti e collezionisti, ed è stato un evento molto emozionante nel quale finalmente i riflettori sono stati puntati sul ruolo del sommelier. Per la prossima edizione è previsto un allargamento a tutta l’Italia. La nostra figura passa sempre in secondo piano rispetto a quella dello chef, e ci mancherebbe pure. Però noi, come tutta la sala, abbiamo il compito di raccontare il lavoro della cucina, e ai sommelier tocca creare una sinergia tra la sala e la cucina, creando un abbinamento armonico che esalti il pasto. Quindi andrebbero riconosciuti maggiormente al sommelier i propri meriti, visto che è una professione quasi senza orari, almeno in Italia, dove anche nei ritagli di tempo si ha da fare e dove, spesso, nel giorno di riposo o durante le vacanze, si vanno a visitare territori e produttori, ci si aggiorna e ci si forma, si fanno degustazioni. O lo si dedica, come nel mio caso, alla formazione. Nell’ambiente, lo diciamo da anni scherzando tra noi, ci piacerebbe che nascesse un format televisivo tipo “MasterSomm”, che porterebbe ancor più l’attenzione sul nostro mestiere, e che attirerebbe sicuramente nuove leve in sala. Dato la mancanza di turnover di cui soffre il settore.

Scriveresti un libro sul vino o sul territorio?

Perché no, potrebbe essere molto interessante.

Che uso fai dei social? Come veicoli i tuoi messaggi?

Utilizzo Facebook e Instagram dove posto nella mia quotidiana wall of fame delle bottiglie che più mi hanno emozionato! Inoltre documento anche la mia attività sul fronte ricerca, quindi visite in cantina, masterclass, degustazioni, senza dimenticare tutto quello che faccio con ASPI. Faccio un uso strettamente professionale dei social, stando ben attento a non coinvolgere la mia vita privata. Unica deroga sono le mie passioni sportive: la bicicletta e la montagna.

tenuta-mazzolino-marco-spini-ok

L’esperienza più bella che colleghi al vino, la prima che ti viene in mente?

Sicuramente le visite in cantina, come ho già avuto modo di dire, sono le più importanti occasioni di approfondimento. Quando poi hai l’occasione di visitare realtà importanti, di stringere la mano e di parlare con delle vere icone del vino italiano e internazionale (gente come Angelo Gaja, Maurizio Zanella, l’indimenticato Marco De Bartoli, solo per fare tre nomi importanti), l’esperienza non ha prezzo! Senza nulla togliere al piccolo produttore che ti racconta il suo vino e la sua filosofia, resta sempre una bellissima esperienza. Per me un momento quasi spirituale.

Come vedi il mondo del vino nei prossimi anni? Con la sfida dei cambiamenti climatici e le varietà?

Siamo tutti alla finestra a vedere un po’ quello che succederà. Di sicuro dovremmo, a livello mondiale, intervenire, e non solo sulla vitivinicoltura. Basta vedere le temperature di questo periodo: stiamo parlando di un problema molto serio. Nella fattispecie, si stanno alzando le latitudini e le altitudini della viticoltura. Per esempio, ormai si fa vino nel Kent, a Sud della Gran Bretagna. Sono partiti con gli spumanti qualche anno fa, e ora si fanno anche vini fermi. Sull’Etna si coltivano vigneti ormai a quota che sfiora i 1300 m s.l.m., cosa impensabile fino a qualche decennio fa. Le previsioni più pessimistiche parlano anche di una sensibile riduzione della superficie coltivabile. Dal 50 al 70% entro i prossimi 30 anni. Per questo gli agronomi e gli enologi stanno sperimentando nuovi portainnesti e vitigni più resistenti, pratiche colturali innovative, e si stanno mettendo in discussione anche le basse rese che danno maggiore concentrazione, ma anche maggior gradazione. Inoltre l’abbassamento dell’acidità potrebbe dare nel tempo una minor longevità dei vini. Si stanno poi sperimentando colture in ambiente desertico per simulare quello che potrebbe succedere tra 23/30 anni. Infine, tutta l’agricoltura dovrà diventare più sostenibile, riconvertendosi a conduzioni a basso impatto, biologiche o meglio ancora biodinamiche, ove possibile, e questa è una transizione già in essere.

 

Paolo Robaudi

Potrebbe piacerti anche

Lascia un commento